Cari/e amici, cari/e
compagni/e
vi scrivo innanzitutto per ringraziarvi dei messaggi e
delle telefonate che mi avete inviato in queste ore per “consolarmi” e “rincuorarmi” per il negativo risultato
elettorale da me conseguito, e in particolare per ringraziare e consolare a mia
volta quelli che più si sono impegnati e che anno creduto con me nella
possibilità di un risultato positivo. Mi spiace sinceramente per loro e me ne scuso.
Vi scrivo anche per
riflettere su questa esperienza elettorale e sul voto
di domenica dopo aver riassorbito
parzialmente il dispiacere e la delusione provata.
Non me lo nascondo: questa esperienza negativa mi obbliga a riflettere su molte
cose e avrà certamente delle conseguenze
sulla qualità e sulle modalità del mio impegno politico, sociale e culturale futuro
nella sinistra, nel sindacato e nella
città su cui però voglio continuare a riflettere e a interrogarmi.
Vorrei ricapitolare però
con voi le premesse alla
base della mia decisione
rivelatasi "presuntuosa" alla luce dei risultati ottenuti
e le ragioni per le quali non mi pento di averla tentata, anche se non partecipata e condivisa fino in fondo allo stesso modo con tutti voi
sin dall'inizio.
Alla base di tutto non
c'è il vezzo di chi vuole provare a fare il salto in politica e prova ad entrare nel mercato della politica
e dei voti chiedendo sostegno a conoscenti ed amici.
Chi mi conosce un pò non può avere dubbi
in proposito.
C’è invece la
convinzione della
estrema crisi ed impermeabilità della politica
ad ogni istanza di un suo rinnovamento che proviene dal disagio sociale,
politico e culturale diffuso.
Questa disagio non è in grado di esprimere una rappresentanza
politica attraverso le forme e i canali tradizionali e consolidati della
politica e del suo personale politico.
Il
meccanismo elettorale depotenzia fortemente il voto libero e non organizzato. Viene premiato chi controlla intorno alla sua persona un certo pacchetto di voti , dovuto alla sua
funzione strategia nella economia, in particolare nella cooperazione
sociale che si finanzia con i soldi
pubblici e che produce migliaia di lavoratori precari che dipendono da un padrino politico che a sua volta garantisce i rivoli di futuri
finanziamenti; oppure a rendite di posizione acquisita nelle istituzioni, o
nelle organizzazioni politiche e sociali più o meno di massa.La competizione
elettorale perde ogni carattere di progettualità
politica, sociale e culturale e si
risolve in un immenso suk in cui
tutti mostrano e vendono una stessa
merce, nella indifferenza e nel fastidio della maggioranza degli elettori . Il
mondo del lavoro, della cultura, del disagio urbano e sociale diffuso non trova una sua specifica collocazione e centralità progettuale nella competizione
elettorale e non esprime una sua rappresentanza politica nelle istituzioni.
Quando questo avviene , esprime solo un potere lobbistico
di rendita di posizione e di controllo sociale di gruppi di interesse e di
apparati. Basta vedere le graduatorie degli eletti per rendersene conto.
Basta
controllare una parte del 30% degli elettori che esprimono preferenze e convogliarle sul candidato “forte” prescelto
e il gioco è fatto. Il resto esprimono
preferenze più o meno libere che si
disperdono su vari candidati minori. La maggioranza degli elettori, il 70%
circa, si astiene
da ogni preferenza e non incide nella
graduatoria degli eletti. Quindi una piccola minoranza di elettori
decide sulla composizione della nostra classe
politica e sulla sua selezione.
Se
non vogliamo difendere il meccanismo che abbiamo criticato nelle elezioni
politiche che ci priva della possibilità di scegliere un candidato, dobbiamo
porci il problema di come far pesare il voto degli elettori e soprattutto di
quelli di sinistra che condividono le nostre posizioni critiche .
Da
questo meccanismo infernale non se ne esce con l’appello
ai buoni sentimenti, nè coltivando sogni di un rinnovamento di una sinistra dal suo interno, né con la nostalgia del
grande partito che unisce tutti che non
c’è e che non ci sarà, che può produrre al massimo una unificazione dei suoi gruppi dirigenti attuali che non so
se ci converrebbe…
L’alternativa al
nichilismo che ci prende non è neanche solo nella promozione
dell’associazionismo politico e culturale
nel quale mi sono impegnato in questi anni con voi o con alcuni di voi. Questo tipo di
impegno produce certamente soddisfazioni, ma anche tante frustrazioni che sento
sulla mia pelle. Accanto alla gratificazione per un bel discorso, per un bel
convegno e di proposte che ci sembrano oltremodo elaborate ed esaustive, si accompagna la frustrazione
di non trovare un “principe” in gradi di ascoltarci e di tradurre sul piano politico le nostre
elaborazioni e proposte. Del resto trovo questo “normale”: se avessimo una
classe politica di sinistra in grado di cogliere e di rapportarsi con i fermenti della
società non staremmo a parlare da anni di crisi della politica e della
rappresentanza.
Così come provo
ormai fastidio per quell’ eterno incontraci tra noi soliti
noti e parlarci addosso della crisi
della sinistra e della sue divisioni.
Io
pensavo e penso che sia arrivato il momento di prendersi delle responsabilità e di agire di
conseguenza.
Io
pensavo e penso che non
bisogna delegare e che non sia delegabile a
nessuno il bisogno o il sogno di
ricostruire un nuovo discorso e nuovo percorso, un dire e un fare, che riassuma e riconnetta i fili spezzati
della frantumazione sociale, politica e
culturale che le devastazioni di questi anni hanno prodotto anche nelle nostre
coscienze.
Non
ho pensato e non penso a nuove aggregazioni politiche
destinate puntualmente a fallire nelle competizioni elettorali dove ogni
identità e buona intenzione sparisce nel
mercato elettorale .
Non penso neanche ad una
lobby, improponibile per chi non ha legato introno a sè gruppi di interesse.
Il
mio tentativo era quella di provare a coalizzare il voto libero che esprime il disagio
sociale, culturale e politico della città e farlo vivere nelle istituzioni mantenendo con questi un rapporto, organizzando
conflitti e partecipazione.
Se
volete il discorso si potrebbe allargare : il mio
sogno è un Forum permanente di libere
associazioni e individui che coltivino e pratichino obiettivi condivisi di rifondazione della cultura
politica e della rappresentanza, legato al mondo del lavoro e dei lavori, alla cultura critica, all’associazionismo sociale
ed urbano, che sia in grado di coalizzarsi nelle competizioni elettorali ed
esprimere rappresentanze politiche nelle istituzioni democratiche per
contribuire alla rifondazione della politica e della sinistra .
La
immagino vicina e non organica a un partito di sinistra , io ho scelto
Non
ci sono riuscito. Ma rimango della stessa idea.
Da
oggi in poi ogni mio futuro coinvolgimento nel dibattito politico nella città riparte da qui.
In
questa chiave intendo riflettere anche sul mio impegno attuale e futuro nelle varie
associazioni con cui ho relazioni e di cui ho condiviso fino a oggi il percorso.
Insomma
non intendo più fare il “consigliere del principe” che non ascolta, il grillo
parlante, o partecipare ad eventi in cui ci si parla addosso, se non c’ è un
processo e un percorso
condiviso che si ponga in concreto il problema di come si
contribuisca fattivamente, assumendosi tutte le responsabilità personali e
collettive, al rinnovamento politico della sinistra che ci starebbe tanto a cuore.
Nel
decidere questa mia esposizione politica ho agito certamente presumendo troppo dalle mie forze e
confidando su eventi che non si sono verificati.
Ho
agito attraverso una “forzatura” che speravo producesse effetti a catena , considerato l’elevato numero di
ambienti, di persone, di amici e di compagni che erano in vario modo coinvolti.
Fino
a sabato ero convinto comunque di ottenere un buon risultato.
Convinzione
sbagliata, perché la lista di circa duecento nomi a vario modo coinvolti
intorno alla mia candidatura non ha prodotto alcuna diffusione negli ambienti vicini, tranne alcune verificate eccezioni.
Non
intendo recriminare sul
mancato impegno di nessuno. Ringrazio comunque quelli
tra voi che mi hanno espresso il loro voto e la loro personale fiducia e stima
anche in queste ore.
Ritengo
per concludere
che il modo migliore di elaborare
una sconfitta sia quella di verificare le ragioni di una scelta, e
soprattutto se sono condivise o meno le sue premesse .
Se
ci sono le condizioni tra noi per discuterne ne sarei
oltremodo lieto e sarebbe per me il modo
migliore di digerire una sconfitta
personale che a quel punto potrebbe essere servita a qualcosa.
Un
abbraccio a tutti e a tutte
antonio